I jeans: icona genderless e democratica di ieri e di oggi - la Repubblica

2023-01-05 17:00:35 By : Ms. Candice Mao

Parliamo in particolare dei Levi's 501 che in quasi 150 anni di storia non sono cambiati mai. L'ingegno di Levi Strauss, stesso inventore della salopette, e del sarto Jacob Davis si è dimostrato così lungimirante da creare un capo democratico, universale, che parla a tutte le generazioni. Da abiti da lavoro a tenuta di pionieri e cowboy, sono passati a vestire icone del cinema e sottoculture giovanili fino ad abbracciare, oggi, l causa della sostenibilità. Tuffo nella storia dei mitici blue jeans

L'anno prossimo festeggeremo il 150esimo anniversario di un'icona: i Levi's 501. "Vorrei averli inventati io" ha confessato Tom Ford. Il perché è quasi ridondante a spiegarsi. Pochi capi come i pantaloni in denim, di immediata riconoscibilità, hanno attraversato i secoli superando mode dell'epoca e tendenze del momento al pari del lotto 501, brevettato dal grossista tedesco Levi Strauss ed il sarto lettone Jacob Davis, entrambi immigrati negli Stati Uniti. Il primo paio di blue jeans risale al 20 maggio del 1873 e le sue componenti fondamentali sono, da quasi sempre, le stesse: cinque tasche, chiusura con bottoni (button fly), taglio dritto, impuntura a doppio arco (double arcuate) registrata per disattenzione solo nel 1942. Ogni dettaglio che oggi ci sembra scontato ed immancabile racconta la storia dei mitici 501, come i rivetti in rame che ne saldano i punti di tensione, agli angoli delle tasche. L'idea era stata di Jacob Davis, che pensava a rinforzare i jeans, allora abiti da lavoro. Ma gli mancavano i fondi e Levi Strauss era l'imprenditore perfetto con cui mettersi in società: attivo dalla metà del XIX secolo tra San Francisco e New York nella confezione di tenute per cercatori d'oro e minatori, era lo stesso inventore geniale della salopette.

Il patch beige con disegni rossi, cucito dietro ogni jeans Levi's, fa comparsa sui 501 nel 1886 e ci spiega tuttora il concetto fondativo dell'indumento: quello di resistenza. Sull'etichetta, non a caso, due cavalli tirano in direzione opposta un paio di (indistruttibili) pantaloni, riprendendo una vecchia ed efficace immagine pubblicitaria. Sullo stesso rettangolo in cuoio o simil figurano anche degli elementi descrittivi, come la taglia ed il modello. Ma andiamo avanti a comporre il 501 come lo conosciamo oggi. Per l'entrata in scena del piccolo inserto in tessuto rosso, la famosa red tab che in verticale, a caratteri bianchi e maiuscoli, riporta il marchio padre dei jeans, bisogna attendere il 1936. I Levi's rivendicano, così, da quel momento la loro identità, non importa se su un quadratino di stoffa da poco più di un centimetro. Levi's Strauss & Co non è più, però, produttore esclusivo dei suoi jeans: la licenza è estesa alle industrie di lavorazione del denim, che ne prendono grande impulso. 

Nella prima metà del Novecento, i jeans vestono soprattutto pionieri, cowboy, contadini fin quando non cominciano ad essere indossati anche dalle donne, mostrandosi presto un capo estremamente unisex. Il primo modello Levi's femminile risale agli anni Trenta ma per i 501 occorrerà attendere addirittura gli anni Ottanta, quando le dive più acclamate del pianeta ne hanno già fatto abbondantemente una moda. Al cinema, Marylin Monroe li aveva portati per la prima volta in assoluto in un film nel 1954, La magnifica preda, e avrebbe fatto il bis qualche anno dopo, in Gli spostati (1961). Nello stesso periodo, il denim era indosso ai sex symbol maschili: Marlon Brando ed il suo gruppo di motociclisti aveva fatto da apripista in Il Selvaggio (1953), abbinando i jeans a maglia bianca e giacca in pelle, mentre James Dean, in Il gigante (1956), infilava nel denim una camicia  a maniche corte sbottonata sul petto.

È a partire da questo momento che i jeans divengono simbolo di ribellione di cui si appropria la cultura giovanile ed i suoi tantissimi sottogruppi, musicali e politici. Negli anni successivi, ognuno di questi movimenti avrebbe interpretato i pantaloni più amati di sempre in modo diverso: strappati, con risvolto, con catene. I 501, nel frattempo, sono rimasti uguali e chi voleva farli propri doveva adattare il suo stile ad essi, non viceversa. I soli cambiamenti introdotti nel corso della loro lunga storia giocano sulla vestibilità, con proposte di volta in volta più slim o dalla vita più o meno alta in base ai gusti più diffusi.

La formula vincente dei Levi's è, che pur rimanendo fedeli a sé stessi, sono sempre al passo con i tempi. Lo dimostrano le nuova collezioni, che non solo ingaggiano celebrità in voga (come la recente testimonial Hailey Bieber) ma sposano le cause più a cuore dei clienti. Un esempio su tutti: la sostenibilità. Alla scorsa edizione di Pitti Uomo, il marchio americano ha presentato il 501 Designed for Circularity, il più green dei suoi jeans, interamente realizzato in cotone organico riciclato (incluso il patch) e senza fibre sintetiche. 

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La collezione dei 501 per il 2022 fa un salto indietro agli anni Novanta, proprio come i trend imperanti in vetrine e guardaroba. I jeans recuperano quindi una vestibilità più svasata, rilassata. Per celebrare l'unione tra passato, presente e futuro, il brand ha ingaggiato sette personaggi contemporanei che ispirino cambiamento, come tutte le più grandi icone: il rapper Kid Cudi; Tremaine Emory, designer nuovissimo direttore creativo di Supreme; Mike D, fondatore dei Beastie Boys; le modelle Nathan Westling e Gia Seo, la stylist Gabriella Karefa-Johnson e Staz Lindes della punk band The Paranoyds.

Pochi capi sono democratici ed universali come i blue jeans, che non solo hanno vestito e vestono dalla working class ad esponenti royals ma parlano a tutte le generazioni, con le loro estetiche così apparentemente incomunicabili eppure non difficili da affascinare per un Levi's 501. Che, con una t-shirt bianca, è in grado di conquistare il mondo.